Casalinga o lavoratrice, mamma o single, troppo spesso alla donna non viene data l’importanza che merita. Per secoli, infatti, la sua figura è stata oscurata dai successi della controparte maschile. Talvolta considerata un oggetto, altre volte una proprietà, è solo in tempi relativamente recenti che il gentil sesso è uscito – almeno in linea teorica – dalla sua condizione di inferiorità. Domenica 8 marzo sarà la giornata dedicata alle donne di tutto il mondo; noi abbiamo pensato di festeggiare facendo cadere uno dei tanti pregiudizi con cui ogni giorno devono convivere: donne e motori sono davvero rette parallele destinate a non incontrarsi mai?
Quanti nomi femminili la storia ha dimenticato?
Ripensa per un attimo agli anni della scuola e alle tante nozioni che si sono affollate nella mente; quanti nomi femminili l’insegnante ha pronunciato durante le spiegazioni di storia?
Sono troppo poche le donne che nei secoli passati sono riuscite a scavalcare il desiderio di primeggiare degli uomini. L’esempio più significativo è senza dubbio quello di Cleopatra, regina d’Egitto in un mondo dominato dalla potenza maschile. Prima e dopo di lei, altre figure hanno cercato di emergere ma la maggior parte di loro ha dovuto scontrarsi con i pregiudizi e i luoghi comuni del suo tempo.
Diamo alle donne quello che è delle donne
Da sempre il settore della mobilità è un campo minato. Qualche decennio fa accostare nella stessa frase le parole donne e motori avrebbe fatto sorridere molti. Sarebbe però un errore pensare che l’evoluzione dell’automobile non abbia mai incrociato personalità femminili, purtroppo rimaste sconosciute ai più.
Oltre a Ernestina Prola – prima donna in Italia ad aver conseguito la patente di guida – le vicende di Bertha Benz, ad esempio, non hanno avuto l’eco che invece meritavano; è suo, infatti, il primato di aver viaggiato per lunghe distanze a bordo della vettura dotata di motore a scoppio come lo intendiamo noi oggi.
Quante altre donne pilota o imprenditrici sono state messe da parte? Tanti dispositivi di sicurezza – considerati ormai scontati – sono il frutto dell’ingegno di persone che non hanno potuto vedere gli effetti positivi delle loro invenzioni soltanto perché femmine.
Eppure, lo stesso Gabriele D’annunzio scrive nella lettera indirizzata a Giovanni Agnelli per ringraziarlo della Fiat 509 cabriolet che aveva appena ricevuto: “L’Automobile è femminile. Questa ha la grazia, la snellezza, la vivacità d’una seduttrice”. Se anche il poeta Vate per antonomasia – profondo conoscitore dell’universo femminile – si è inchinato di fronte alla sua grandezza, perché il mondo dovrebbe essere da meno?
Mary Anderson: Signori, vi presento chi ha inventato il tergicristallo
Chi ha inventato il tergicristallo? Appare quasi assurdo pensare che prima del 1903 tutte le vetture in circolazione fossero prive di questo banale – almeno per noi oggi – strumento. Probabilmente ti starai immaginando un uomo dalle ingenti finanze; passeggiando per le strade di inizio Novecento, un facoltoso signore viene improvvisamente colto dall’idea di semplificare i viaggi in auto con condizioni atmosferiche sfavorevoli. Niente di più sbagliato.
Una visita invernale nella città di New York si rivela particolarmente illuminante per Mary Anderson. Allevatrice di bestiame e viticoltrice, la donna rimane colpita alla vista di un uomo che toglie la neve dal parabrezza del suo veicolo. In situazioni simili, fermarsi di frequente era d’obbligo per evitare incidenti; a risentire di queste continue soste erano soprattutto i passeggeri a bordo dei taxi che osservavano impotenti il tassametro continuare a girare.
Ritornata in Alabama – dove vive con la sua famiglia – la Anderson disegna uno strumento a funzionamento manuale in grado di spostare eventuali “ingombri” che ostacolavano la buona visuale del conducente; una leva interna all’auto aziona una spazzola di gomma grazie alla quale il parabrezza viene pulito. Prima di poter ottenere il brevetto per 17 anni fu necessario insistere parecchio. Quando Mary cerca poi di rivenderlo riceve soltanto rifiuti; nessuno riteneva che l’antenato del tergicristallo fosse un oggetto davvero innovativo, per il quale bisognasse pagare un brevetto.
L’invenzione della Anderson viene quindi dimenticata per qualche anno. Si ritornerà a parlarne soltanto nel 1922, quando Cadillac – celebre fabbrica automobilistica dell’epoca – installa il tergicristallo come accessorio standard. Messa da parte, Mary Anderson non venne compresa dai suoi contemporanei perché ebbe il coraggio di superare i confini idealmente tracciati dalla società dell’epoca.
Dorothy Levitt: la prima donna pilota britannica
La velocità era la sua più grande passione, già dalla tenera età. Nata nel 1882 alla periferia di Londra, Dorothy Levitt – figlia di un benestante gioielliere – si cimentava appena bambina nell’equitazione e nel salto ad ostacoli. Era scritto nel DNA che sarebbe diventata la prima donna pilota britannica nella storia delle gare automobilistiche; nella sua carriera vantava, infatti, il record mondiale femminile nelle corse su strada e sull’acqua.
La sua abilità alla guida divenne quasi leggenda, tanto che venne ben presto soprannominata “la ragazza più veloce del mondo”. La sua intraprendenza e spirito temerario le permisero di andare oltre le critiche e le difficoltà che trovò lungo il cammino verso il successo; in un mondo di cui erano protagonisti esclusivamente uomini, la Levitt riuscì ad ottenere notorietà e risultati che molti colleghi maschi poterono solo sognare. La sua fama arrivò persino all’orecchio della regina Alessandra, che chiese a Dorothy di insegnarle a guidare una vettura.
Oggi la potremmo definire una vera e propria star. Non c’era competizione in cui passasse inosservata. D’altronde il suo nome non era associato soltanto alle automobili; Dorothy Levitt è considerata oggi una pioniera anche nel settore dell’aviazione.
L’immagine che vedi qui sotto si trovava sul frontespizio del suo libro, intitolato “La donna e l’auto”. Tra i tanti consigli riportati, Dorothy suggeriva alle signore di portare sempre con sé un “piccolo specchio da alzare di tanto in tanto per vedere cosa c’era dietro di loro”. Singolare raccomandazione, non trovi? Dovranno trascorrere, tuttavia, circa 10 anni perché i costruttori comincino ad installare sui loro veicoli quello che inizialmente era definito come una frivolezza, un oggetto di vanità femminile.
Florence Lawrence: donne e motori sono un’interessante contraddizione
Famosa attrice del cinema muto, Florence Lawrence riusciva con la sua bellezza – come si direbbe adesso – a “bucare il grande schermo”. Il suo nome era in grado di attirare folle smisurate di persone che la consideravano al pari di una diva hollywoodiana; i registi facevano a gara per averla nel cast dei propri film. Insomma, la sua immagine era sinonimo di successo assicurato e guadagni certi.
Nata in Canada alla fine dell’Ottocento, la Lawrence fa la sua prima apparizione nel 1906. Grazie alla carriera cinematografica, si arricchisce a tal punto da potersi permettere una vettura. Subito si appassiona al mondo delle quattro ruote diventandone una vera intenditrice.
È al 1914 che risale l’invenzione di un meccanismo in grado di segnalare agli altri automobilisti l’intenzione di svolta; l’indicatore di direzione – oggi gergalmente noto come “freccia” – consisteva in una bandierina posta sul paraurti anteriore che si alzava nell’istante in cui veniva premuto un pulsante. Inoltre, schiacciando il pedale del freno compariva un cartello con la scritta “stop” sul retro della vettura.
Purtroppo Florence Lawrence non è stata in grado di capire fino in fondo l’importanza delle sue scoperte. Il mondo degli affari era per lei un perfetto estraneo, motivo per il quale non registrò il brevetto per i dispositivi che aveva progettato. Quando la madre cercò di porre rimedio all’incoscienza della figlia era ormai troppo tardi: la concorrenza l’aveva già preceduta.
Il racconto della sfortunata Florence Lawrence sia da monito per le donne di oggi ma soprattutto di domani. Probabilmente la convinzione di non poter raggiungere gli uomini che in quel momento storico dominavano il palcoscenico automobilistico l’ha portata a credere davvero di non essere all’altezza. Eppure, le sue invenzioni sono la prova che donne e motori non sono affatto una contraddizione ma un interessante scambio di opinioni.
Sophie Opel: donna imprenditrice in un business maschile
Per lei il popolare detto “dietro a un grande uomo c’è sempre una grande donna” calza a pennello.
Figlia di un locandiere, Sophie Marie Scheller – all’epoca ventottenne – sposa Adam Opel. L’industriale tedesco deve la sua fortuna alla passione per le macchine da cucire, che coltiva già a partire dalle sue prime esperienze lavorative in Belgio, Inghilterra e infine Parigi; ne è talmente affascinato che una volta tornato nella sua città natale, fonda un’impresa dedicata allo loro costruzione. Dopo il matrimonio la produzione si allarga. In breve tempo l’Adam Opel GmbH – nome con cui era inizialmente conosciuta l’azienda – diventa una delle principali produttrici di biciclette in Germania.
La rapida ascesa subisce il brusco contraccolpo della morte di Opel, avvenuta nell’autunno del 1895. Qualche anno dopo è la moglie Sophie a prendere in mano le redini della società; affiancata nella gestione dai cinque figli, furono loro a convincerla che quello delle “carrozze a motore” – le antenate delle nostre moderne vetture – era il “business del futuro”.
Inutile dire che la loro intuizione si rivelò vincente. Un bello smacco per Adam Opel che – secondo quanto riportato dalle cronache del tempo – alla vista di una vettura sembra abbia esclamato: “Questi aggeggi saranno solo giocattoli per milionari che non sanno come buttar via i loro soldi”.
Oggi il cognome Opel fa eco in tutto il mondo e viene comunemente associato ad una delle più note case automobilistiche tedesche. La determinazione e la fermezza di Sophie, prima donna imprenditrice nella storia delle quattro ruote, hanno senza dubbio contribuito al suo successo.
Susanne Klatten: davvero donne e motori non vanno d’accordo?
L’esempio di Sophie Opel ha sicuramente ispirato Susanne Klatten. Chiunque oggi ha sentito almeno una volta pronunciare il suo nome. Nel 2019 la rivista statunitense Forbes la colloca, infatti, al 46° posto nella classifica delle persone più ricche al mondo; con un patrimonio che quasi tocca i 20 miliardi di dollari, è la donna imprenditrice tra i maggiori azionisti della BMW.
Laurea in economia aziendale e un master in pubblicità, oltre ad un corso di marketing e management: ecco cosa c’è scritto nel suo curriculum sotto la voce “Formazione”. Dalle sue decisioni dipende l’andamento di una delle più affermate industrie chimiche tedesche, di cui è proprietaria.
Sei ancora convinto che affari, donne e motori non vadano d’accordo?